Giornata mondiale dell’amianto, cerimonia toccante a Senigallia
Importante, partecipato e sentito appuntamento organizzato dall’associazione lotta all’amianto con il patrocinio del Comune di Senigallia. In concomitanza con la giornata mondiale dell’amianto, lo scorso 28 aprile si è svolta presso la Sala Grande del Centro Sociale di Saline di Senigallia, una cerimonia dedicata alle vittime dell’amianto.
Oltre agli interventi delle autorità che hanno richiamato fortemente l’attenzione su un problema che riguarda Senigallia da sempre a causa della presenza ed alla lavorazione in città sino agli anni ’90 degli stabilimenti Sacelit ed Italcementi, un momento toccante è stato quello della consegna di un paio di riconoscimenti a due donne simbolo delle morti provocate dall’amianto.
Nello specifico, si tratta di Bruna Livieri Luvieri, persona molto malata che si sta sottoponendo a pesanti terapie ed ogni giorno lotta con forza, determinazione e tenacia e di Maria Grazia Ruggeri. In questo caso, alla signora Ruggeri, è stato assegnato un riconoscimento alla memoria del marito Romano Goldoni, deceduto a causa di una gravissima malattia, sempre provocata dall’amianto.
Sono trascorsi più di dodici anni (era 28 gennaio 2005), da quando a Porto Alegre (Brasile), nell’ambito del forum mondiale sull’amianto, è stato proposto dall’Abrea, associazione brasiliana degli esposti all’amianto, di definire una giornata mondiale nella quale richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sui gravissimi danni alla salute che l’impiego dell’amianto ha prodotto e, purtroppo, continuerà ancora a produrre per molti anni. All’unanimità il forum mondiale ha deciso di stabilire la data del 28 aprile di ogni anno e di invitare associazioni, movimenti, istituzioni e sindacati a far propria questa ricorrenza, ognuno con la propria sensibilità ed attraverso apposite iniziative. Negli anni scorsi, l’A.L.A. associazione lotta all’amianto, ha sempre ricordato questa data con una celebrazione religiosa in memoria dei morti dall’amianto. Quest’anno, ha così pensato di organizzare questa cerimonia, nel corso della quale consegnare appunto riconoscimenti a due donne, rispettivamente vittime dirette ed indirette dell’amianto.
La consegna del riconoscimento è avvenuta alla presenza dell’assessore all’innovazione tecnologica del Comune di Senigallia, Chantal Bomprezzi e del presidente della Consulta del Volontariato Anna Maria Magi.
Come detto, non si può dimenticare che Senigallia, la città della Sacelit e dell’Italcementi, sente fortemente questa problematica a causa del decesso di oltre 300 dipendenti delle fabbriche della morte.
E non possiamo nemmeno dimenticare che in Italia – dove sono ancora presenti oltre 40 milioni di tonnellate d’amianto – continuano a morire ogni anno cinquemila persone. Una strage silenziosa provocata dall’amianto custodito tra l’altro anche in molte scuole del nostro Paese. Purtroppo ancora l’amianto esiste sotto forma di prodotti e nell’aria “spolverata” dalle lastre da bonificare rotte e che rilasciano fibre pericolosissime. Senigallia è una città critica in tutto ciò e l’associazione lotta all’Amianto si rammarica del fatto che si continui a tralasciare un censimento che si richiede da anni. Considerando poi che nel Comune di Senigallia è stato presente uno stabilimento “SACELIT” che produceva materiali in cemento-amianto, l’ALA non dimentica e sottolinea spesso che la città è stata coinvolta prima con l’uso di tetti di tale materiale e di quant’altro venisse usato in edilizia per la costruzione di fabbricati o capannoni in genere, e successivamente con la famosa bonifica dei due fabbricati Sacelit ed Italcementi.
L’ALA, nata da un suggerimento del medico oncologo Massimo Marcellini, ha recentemente compiuto il suo tredicesimo anno di attività.
Da sempre si batte per tutelare la salute pubblica, la bonifica dall’amianto killer, per ottenere riconoscimenti pensionistici o di invalida INAIL e per informare su un problema che, nonostante tutto, ai più resta sconosciuto.
In questi 13 anni, l’ALA può vantarsi di aver fatto sì che nel suo piccolo, l’Ufficio di prevenzione dell’Asur (Ente preposto alle bonifiche da amianto) eseguisse sopralluoghi di tante denunce prodotte e risultate poi positive per il loro risvolto di bonifica. Ma la cosa più rappresentativa della storia dell’ALA è che una piccola associazione come questa sia riuscita a far liquidare nell’arco di poche settimane oltre 10 milioni di euro a favore di persone che si sono ammalate lavorando alla Sacelit di Senigallia.
Nel corso degli anni, attraverso un lavoro di ricerca, l’associazione ha realizzato un filmato denominato “Amianto: una storia di morte”. Dopo un lungo lavoro preparatorio che ha impegnato per diverse settimane troupe di cameramen e giornalisti, la produzione rappresenta una sorta di memoria storica ed una testimonianza di vita vissuta per ricordare tutti coloro che sono ingiustamente ed inconsapevolmente morti a causa dell’amianto.
Un “filmato verità” con interviste ad autorità e personaggi che nel corso del tempo hanno avuto direttamente o indirettamente a che fare con l’amianto che, solo a Senigallia, ha provocato e continua a provocare morte.
Il filmato, della durata di circa 60 minuti, pone in primo piano il significato di avidità, egoismo, indifferenza e meschinità: alcune delle componenti che, nel corso degli anni, hanno provocato malattie, ma soprattutto hanno contribuito a uccidere. I cosiddetti responsabili sono tanti, ma il principale colpevole è uno: l’amianto !
“Amianto: una storia di morte” è incentrato sulla fabbrica della morte Sacelit di Senigallia, inaugurata nel 1947 su iniziativa della Italcementi, una multinazionale di Bergamo. Produceva materiale per l`edilizia e l`idraulica: tutto in amianto-cemento. Alcuni operai, raccontavano che su quei sacchi di juta contenenti amianto e cemento ci si poteva persino mangiare.
Nella produzione, si evidenza inoltre che, nel tempo, alla Sacelit di Senigallia hanno lavorato circa 900 persone. Nel 1970 si raggiunse la punta massima di occupazione con 380 unità di cui 14 impiegati e 90 operaie. Queste erano addette alla fabbricazione di prodotti detti “Pezzi Speciali” e vari prodotti per l’edilizia di modeste dimensioni. Sino al 1975, questo tipo di lavoro veniva effettuato a mani libere senza alcuna prevenzione, tantoché la maggior parte delle donne si ammalavano di eczema alle mani ed avambracci.
Ma queste erano malattie minori, come emerge dalle interviste raccolte con chi – per colpa dell’amianto- ha sofferto, visto soffrire e soprattutto morire familiari, amici e colleghi.
In quest’ultimo periodo, l’ALA si impegna anche ad aiutare studenti universitari che decidono di preparare tesi di laurea su archeologia industriale e su malattie professionali correlate all’amianto e pratiche legali da svolgere.
Ed a riguardo non mancano i riferimenti a casi recenti per bonifiche di coperture di amianto deteriorate e pericolosissime, come per i casi di via Perugino e dell’ex Alfa Romeo a Senigallia.
Tanti motivi per insomma per continuare a lottare contro l’amianto killer e tutelare la salute della gente. L’ALA lo fa con la potenza di una formica che deve scalare una montagna altissima ma, nonostante tutto lo fà.
La formichina ALA ha lottato su tutti i fronti, le montagne da scalare sono divenute con il tempo sempre più alte, le forze si sono ridotte notevolmente ma – anche quando la battaglia veniva combattuta con armi impari – l’orgoglio dell’ALA ha permesso di non solo di non arrendersi, ma di ottenere risultati importanti.
Nel futuro che cosa accadrà ? E’ difficile fare una previsione.
Il dato statistico, invece, resta purtroppo una questione certa. E gli epidemiologi hanno già fatto il conto finale: entro l’anno 2030, nei sei paesi europei più importanti, 250 mila persone moriranno solo per mesotelioma.
Altro che le chiacchiere e le tante belle parole disperse al vento assieme all’amianto…
Nessun Commento